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Akito
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MessaggioInviato: 25 Feb. 2005, 15:23    Oggetto: Rispondi citando

Posto un link interessante:
http://santacittarama.altervista.org/pace_incrollabile.htm

(anche se magari non condivido tutto ma comunque ci si fa un idea del rapporto Buddismo/sofferenza)

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Akito
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MessaggioInviato: 20 Mag. 2005, 13:57    Oggetto: Rispondi citando

Dialogo interessante tra un nichilista (Nihil) ed un buddista zen (Nightwings):



Nihil: Che senso ha una religione che:
1.Non crede neppure all'esistenza (se non puramente nominale, simile ad un miraggio, ad una corda scambiata per un serpente) di chi la pratica;
2. Non prevede alcuna futura esistenza dopo la morte, poiché nel processo della morte l'individuo si disgrega nelle sue componenti (come d'altronde pensa qualsiasi semplice materialista), e ciò che rinasce è in realtà un'altra persona (anzi, nemmeno una persona;, perché questa parola non significa nulla per i buddisti: rinasce solo un altro fascio di aggregati, tenuti insieme dal karma, ovvero da un insieme di linee di tendenza generate dalle azioni del defunto);
3. Mira ad una illuminazione che non può essere neppure lontanamente definita, tanto è al di là dell'umano intendimento: una illuminazione dunque così vaga e incomprensibile da diventare, in fondo, solo una esotica parola vuota con cui ci si riempie la bocca;
4. Quanto a realizzare questa illuminazione, è una cosa talmente difficile che ben pochi (soprattutto monaci ed eremiti) ci riescono, dopo aver praticamente rinunciato a tutto (anche nella soka, dove si afferma il contrario, gli illuminati in pratica sono persone dedite anima e corpo alla causa e quindi bisogna già esserci nati, e dotati di una fede cieca, per sentirsela di fare una vita del genere!);
5. Non prevede neppure benefici in questa vita, tutto sommato: queste cose non sarebbero buddismo, ma superstizione popolare aggiunta al buddismo (un po' come le grazie dei santi nostrani), o semplici espedienti per guidare la gente ignorante e grossolana a cose ben più alte (e chiaramente ineffabili!); roba insomma che va bene all'inizio, e poi non ci si deve più far conto, anche perché va contro al fine fondamentale del buddismo stesso, che è quello di non dipendere dagli eventi esterni;
6. Gli unici benefici, se va bene, sarebbero una certa pace mentale, sopportare meglio le inevitabili schifezze della vita, diventare più buoni, etici e politicamente corretti... peccato che, nella realtà, i praticanti buddisti di qualsiasi scuola non siano poi migliori in tutto ciò di tanta gente che non pratica un bel nulla!...

Insomma, una religione del genere non è forse una cosa che non ha molto senso?...Non è meglio il vecchio cristianesimo, o forse meglio ancora farsi i cavoli propri, e godersi la vita se e quanto ci riesce?...

Se qualcuno con argomenti validi, non con vaghi discorsi etici - mi dimostrerà il contrario, anche solo in minima parte, ritratterò di buon grado e gli sarò riconoscente in eterno.


Nightwings: Nihil, abbreviativo di Nihilist, ossia di Nichilista; persona che si rifà al Il nichilismo (volontà del nulla) è un orientamento filosofico che nega l'esistenza di valori e di realtà comunemente ammessi. Il temine divenne popolare a partire dall'era Kantiana (fine 700) e portata aventi da persone come Scopenahuer e Fichte. Con Dostoevskij prende il significato di rifiuto dei valori popolari del cristianesimo. Ai giorni nostri, è uno che se ne strafotte di tutto. Ma riguardo alla radice, ossia alla negazione delle realtà accettate e dei "valori comuni". E così, la minchiata del buddismo, in un passo del sutra del cuore, riporta proprio questo concetto:

La forma è vacua. La vacuità è forma. La vacuità non è altro che forma, e la forma non è altro che vacuità. Allo stesso modo, le sensazioni, le discriminazioni, gli elementi di formazione e la coscienza sono vacui. Similmente, Sariputra, tutti i fenomeni sono vacui. Sono privi di caratteristiche (inerenti); non nascono, non muoiono; sebbene non siano contaminati non sono separati dalle contaminazioni; non diminuiscono nè crescono. Perciò, Sariputra, in termini di vacuità, non esistono sensazioni, nè discriminazioni, né elementi di formazione, né coscienze; né occhi, né orecchie, né naso, né lingua, né corpo, né mente; né forme visive, né suoni, né odori, né sapori, né sensazioni tattili, né oggetti della coscienza mentale; non esistono elementi visivi, né elementi mentali (o alcun altro dei diciotto elementi), e nemmeno elementi della coscienza mentale. Non c'è ignoranza, né estinzione dell'ignoranza, non esiste il divenire vecchi, né la morte, né l'estinzione della vecchiaia né della morte(né alcun altro dei dodici anelli dell'origine interdipendente). Allo stesso modo, non vi è sofferenza, né origine di tutte (le sofferenze), né il suo cessare, né il sentiero (che conduce alla Liberazione). Non esiste né Saggezza primordiale, né realizzazioni, né mancanza di realizzazioni.. Perciò, o Sariputra, poiché i Bodhisattva non hanno realizzazioni essi vivono basandosi sulla «Perfezione della Saggezza»; poiché la loro mente è libera dalle ombre della nescienza essi sono senza paura. Trascendono l'errore e raggiungono il punto finale: il Nirvana.



Nihil ha scritto:
Insomma, una religione del genere non è forse una cosa che non ha molto senso?...Non è meglio il vecchio cristianesimo, o forse meglio ancora farsi i cavoli propri, e godersi la vita se e quanto ci riesce?...


Premesso che il Buddhismo non è propriamente una "religione", non ostante affondi le radici nel Brahamesimo, dal quale riprende molti concetti. Il Buddha Dharma, comunque, è un sentiero per ricondurre l'uomo... all'uomo! Esso è il cammino per ricondurre l'essere umano alla terra, a ciò che è percepito dagli organi di senso e i suoi aggregati. E' il concepire la realtà delle cose nella loro verità, senza le interpretazioni dell'IO cosciente, quello che vorrebbe che le cose si adattassero alla propria visione egoistica. Ma le cose SONO quello chi SONO. Non son quello che CI sembrano. Il buddhismo non ha deità o spiriti o santi, perchè non è interessato a nient'altro che al QUI e ORA. La "pace" che ne deriva è la constatazione del mondo così com'è, che non è nè bello nè brutto, nè buono nè cattivo, in termini assoluti. E'. Esiste per quello che è. Promuovendo sempre il bene, e mai il male, il buddhista quindi agisce per esso nella reatà viva dellle cose, quindi intraprendendo l'azione necessaria affinchè questo "bene" (ciò che non fà soffrire gli altri) prevalga. Il che, in termini estremi, si può anche tramutare nello spegnere un'altra vita, se non ci sono condizioni alternative (uccidere un terrorista in una scuola piena di bambini per esempio, prima che si faccia saltare in aria).
Il Buddhismo è perciò agire nella e per la realtà vivente dell'insieme dell'esistenza.

Il Buddhismo è perciò agire nella e per la realtà vivente dell'insieme dell'esistenza

Questo è ciò che si definisce, uomo illuminato.


Nihil: Senza le interpretazioni dell'io cosciente, dici: ma quale altro 'io' esiste? Per quanto mi riguarda, sono cosciente solo...dell'io cosciente, appunto.
Non c'e' nessun 'Grande Io' a cui questo 'piccolo io' dovrebbe arrendersi...magari con vari sensi di indaguatezza e di colpa...

Il resto e' vuoto, notte e nulla: sonno senza sogni, al massimo 'istinto', spontanea reazione che, si, e' utile ed opportuno coltivare per vivere felicemente e sanamente; ma non mi sembra che cio' abbia alcuna implicazione 'spirituale'.

Certe forme di 'neopaganesimo' - se si tratta di vivere 'vicino alla terra', come dici - mi sembrano piu' salutari e meno complicate del buddismo... per lo piu' si tratta di fricchettoni newage, ma c'e' anche qualche persona valida...

Comunque, grazie per l'attenzione.

Nightwings ha scritto:
l Buddhismo è perciò agire nella e per la realtà vivente dell'insieme dell'esistenza


Mi sembra che questo accada nell'amore, quando e' vero e totale, per un'altra persona.
Senza implicazioni 'cosmiche', peraltro.
Si esiste, e si agisce, per la realta' vivente dell'altro e di se', nella dimensione piu' vera di questa realta', che prima ci era ignota...
Forse sono tagliato solo per la religione dell'amore - e fortunato di poterla praticare!
Auguro anche a te questa fortuna...



Nightwings:
Nihil ha scritto:
Senza le interpretazioni dell'io cosciente, dici: ma quale altro 'io' esiste? Per quanto mi riguarda, sono cosciente solo...dell'io cosciente, appunto.


Come ti ho detto, l'altro IO è il tuo vero IO, cioè quello non contaminato dal vissuto e dalle esperienze. Mitigando il piccolo Io, la "paleocorteccia" riemerge facendoci agire nello stato della realtà delle cose. Non a caso i Monaci Zen, venivano spesso interpellati per risolvere le questioni secolari.

Nihil ha scritto:
Non c'e' nessun 'Grande Io' a cui questo 'piccolo io' dovrebbe arrendersi...magari con vari sensi di indaguatezza e di colpa...


L'altro IO (grande io) è quello che gli scienziati chiamano "paleocorteccia", ossia l'IO non inquinato dai condizionamenti socio-antropologici. Non a caso una persona ha valori e emozionalità diverse, a seconda dell'ambiente in cui è vissuto e cresciuto. Sostanzialmente il buddhista cerca la "mente del fanciullo". Se un fanciullo gioca a fare Zorro, in quel momento E' Zorro. Niente dell'universo rimane fuori da questo fatto. Mentre da adulti agiamo spesso condizionati dal vissuto (scuola, famiglia, amicizie, istruzione ecc. ecc. ecc.) che spesso ci trascinano in nevrosi che servono poi ad incanalare quel carico sinaptico bio-elettrico che continuamente fluisce, da che abbiamo sviluppato il pensiero coscienrte. Carico che funziona sempre, anche di notte (quando sognamo) e che DEVE funzionare in qualsiasi occasione. Ecco allora che ci inventiamo delle nevrosi (sono debole/forte, son Brutto/Bello, Sono un fallito/un genio ecc.) Nevrosi che possono esser negative o positive. Positive quando rimangono in una soglia che ci consente di vivere in armonia con noi stessi e il prossimo, negative, quando veniamo assaliti da stati depressivi o di esaltazione: uno che è depresso e lamentoso è altrattanto rompiballe di un riccone strafottente e smargiasso. "regolare" questo flusso (esistono vari metodi, il buddhismo è uno di questi) perciò ha un fortissimo impatto sociale. Eliminare questo Piccolo IO è molto difficile, ma regolarlo non lo è.

Come qualsiasi psicologo ti può confermare: ti stai sbagliando. I boddhisti ci sono solo arrivati 2500 anni prima. Ed è da questa filosofia della mente, che la moderna psicologia e psichiatria saccheggia a piene mani.

Nihil ha scritto:
Il resto e' vuoto, notte e nulla: sonno senza sogni, al massimo 'istinto', spontanea reazione che, si, e' utile ed opportuno coltivare per vivere felicemente e sanamente; ma non mi sembra che cio' abbia alcuna implicazione 'spirituale'.


Cosa intendi per "spirituale"? Perchè per noi buddhisti "spirituale" è la contemplazione della realtà delle cose così come sono e la giusta azione riguardo ad esso.

Nightwing ha scritto:
Certe forme di 'neopaganesimo' - se si tratta di vivere 'vicino alla terra', come dici - mi sembrano piu' salutari e meno complicate del buddismo... per lo piu' si tratta di fricchettoni newage, ma c'e' anche qualche persona valida...


TUTTE le correnti "neo Pagane" affondano nei principi Buddhisti. Il buddhismo è UNA via, non LA via. Affidarsi a certe correnti neopagane è come fare un pò di Yoga, di leggere i libercoli sul risparmio delle risorse per la salvaguardia dell'ambiente ecc. e di fare una dieta regolata. Il Buddhimo mira ad una trasformazione naturale in questo, nel corpo e nella mente

Nihil ha scritto:
Mi sembra che questo accada nell'amore, quando e' vero e totale, per un'altra persona.
Senza implicazioni 'cosmiche', peraltro.


Ciccio, lascia perdere il cosmo e torna coi piedini per terra eh?

Nihil ha scritto:
Si esiste, e si agisce, per la realta' vivente dell'altro e di se', nella dimensione piu' vera di questa realta', che prima ci era ignota...


Nihil ha scritto:
Forse sono tagliato solo per la religione dell'amore - e fortunato di poterla praticare!
Auguro anche a te questa fortuna...


E credi che il buddhista non lo faccia? Anzi! DAVVERO lo fà con tutto se stesso perchè in quel gesto non c'è nessun egoismo e l'amore comprende TUTTO ciò che cicirconda oltre all'amato/a. Il Buddhista però ha il vantaggio che non ci si attacca. quando, per un motivo o per un altro, perdiamo l'oggetto del nostro amore, così come con tutto se stesso lo ha accolto, con tutto se stesso lo lascia andare, e smette di soffrire. Ti pare cosa da poco????



Nihil: Una piccola obiezione a quanto dici, che a rileggerlo sembra comunque ben espresso ed interessante, nella sua sinteticita'.
Nei sutra Pali, il Buddha, interrogato sull'esistenza degli dei, risponde che essi esistono. E piu' volte lo si vede intento a trattare con dei o spiriti della natura. Questi elementi, cosi' come la nozione del 'ciclo delle rinascite', al giorno d'oggi vengono definiti' superati' da molti buddisti, perche' apparentemente legati a concezioni indiane dell'epoca; ma, da una lettura del canone pali, e anche della letteratura mahayana (ho un po' di familiarita' p.es. coin la tradizione tibetana, per aver praticato alcuni anni con un lama), si nota che queste cose non sono affatto 'accessorie', bensi' parte integrante della tradizione.
Cosi' almeno mi sembra, di contro a 'modernisti' come il Batchelor p.es., pur interessanti e degni di attenzione.

"Il Buddhista però ha il vantaggio che non ci si attacca. quando, per un motivo o per un altro, perdiamo l'oggetto del nostro amore, così come con tutto se stesso lo ha accolto, con tutto se stesso lo lascia andare, e smette di soffrire. Ti pare cosa da poco????

No, non credo che 'smettere di soffrire' sia la cosa piu' importante. Meglio amare, e soffrire, anche per sempre, che essere 'distaccato' e non soffrire piu'...

Qualto alla 'verita' oggettiva' delle cose, che andrebbe contro all' 'attaccamento', non credo che esista, in fondo; anche il mio 'attaccamento' e' parte della verita' delle cose, ed io lo scelgo...
anche a costo di soffrire, e molto.
In cio' mi sento piu' vicino al cristianesimo, forse.

Il discorso e' interessante, e tu sei un buon interlocutore. Ora purtroppo devo lasciare questo PC, per dedicarmi ad 'agire nelle cose' (vedi spesa, faccende, andare a prendere mia moglie - la mia'religione' - al lavoro, ecc.) .
Grazie! Spero di poter continuare il dialogo...


Nightwings: Allora cerca tu per primo di fare attenzione e di usare la testa: secondo te, essendo in un contesto religioso completamente influenzato dal Brahamesimo (brahman = anima) gli avranno chiesto al Buddha, se esitono degli "Dei" o addirittura come si vantano i cattolici, se esiste Dio?

A buddha gli fù chesto da due persone "esiste il Brahman" (L'anima, quella che và in pardiso per intenderci)? Al che buddha rispose "no" a quello che era convinto che esistesse, e rispose "si" a quello che era convinto che NON esistesse! E lo fece per "rompere" il circolo di condizionamento del loro io, che li portava a credere a questa o quell'altra cosa! Attenzione ad essere superficiali col Buddha - Dharma! E' materia complessa e và ben studiata e VISSUTA fino in fondo!
L'interpretazione del cerchio dlla viat Tibetano và assolutamente considerato come una rappresentazione del funzionamento della psiche umana! Il ciclo di nascite-reincarnazioni in vari esseri soprannaturali, non ha nulla a che vedere con l'esistenza di questi ultimi! Così come vediamo uno spirito affamato, esso non è un mostro con la gola strettissima, e il ventre gonfio che mai viene saziato, perchè tutto ciò che mette in bocca viene incenerito, ma la rappresentazione di chi spffre in uno stato di eterno inappagamento, che invidia ciò che hanno gli altri e che malgrado abbia anche moltissimo mai è sazio del molto che ha (berlusconi per esempio? Gli sceicchi?). Altro è lo stato di bestia, ossia quando abbiamo quei momenti che siamo completamente schiavi dei nostri sensi: mangiamo, beviamo, scopiamo senza ritegno senza occuparci d'altro. La scimmia inoltre, non è nient'altro che una rappresentazione della nostra mente! Viene rappresentata dal quadrumene che saltella di ramo in ramo, oppure nell'atto di cogliere un frutto! Questo perchè (il famoso "carico sinaptico") la mente non è mai ferma in quello che facciamo: scriviamo al computer e pensiamo al lavoro, alla cena, al viaggio di domeni ecc. ecc. Da cui la scimmia che saltella. La scimmia che invece raccoglie le mela, è l'anello debole delal catena dell'originazione dipendente. Rappresenta i desideri a cui si rimane attaccati. La scimmia infatti viene intrappolata con un frutto posto dentro ad una gabbia con un ingresso ad imbuto. La scimmia afferra il frutto, ma la mano chiusa a pugno non la fà passare: ma non molla il frutto. Sono gli ATTACCAMENTI. E' da quell'anello che il buddhismo entra per spezzare il Samsara (ciclo di rinascite, che niente ha a che vedere con la morte e reincarnarsi in un maiale o in un pesce). Ossia: non ricadere più negli stati della ruota della vita (condizioni e fattori mentali) che ci fanno soffrire. La scimmi lascia il frutto. Ed è libera!

Nihil ha scritto:
No, non credo che 'smettere di soffrire' sia la cosa piu' importante. Meglio amare, e soffrire, anche per sempre, che essere 'distaccato' e non soffrire piu'...


Tu confondi il Buddhista con il Signor Spock!! Al buddhista non vengono nè le orecchie a punta, nè le sopracciglie oblique, nè il sangue verde e non è la logica l'unico motore dell'esistenza. Ama e si dedica INTERAMENTE come e anzi PIU' di te alle passioni, ma non ne diventa schiavo per sempre. Perchè come tutte le cose FINISCONO e lasciano solo polvere e cenere

Nihil ha scritto:
Qualto alla 'verita' oggettiva' delle cose, che abdrebbe contro all' 'attaccamento', non credo che esista, in fondo; anche il mio 'attaccamento' e' parte della verita' delle cose, ed io lo scelgo...
anche a costo di soffrire, e molto.


SOFFRIRE, infatti è l'unico .... ahem "vantaggio" che hai confronto ad un buddhista. Quello e solo quello.

Nihil ha scritto:
In cio' mi sento piu' vicino al cristianesimo, forse.


A ciascuno il suo

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MessaggioInviato: 15 Giu. 2005, 13:50    Oggetto: Rispondi citando

Wow,un tipo che è chiamato con una parte del mio epiteto,che però è diversamente.
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MessaggioInviato: 15 Giu. 2005, 14:44    Oggetto: Rispondi citando

Devo decidermi a leggere gli ultimi post.
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"Non c'e' schiavo piu' stupido
di quello a cui si debbono mostrare le catene che lo imprigionano perche' divenga consapevole del suo stato"




Dire "non mi interesso di politica" è come dire "non mi interesso di sesso" mentre ti stanno inculando

SI VIS PACE PARA BELLUM, SI VIS BELLUM PARA CULUM
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MessaggioInviato: 28 Ago. 2005, 22:19    Oggetto: Rispondi citando

Thich Nhat Hanh può finalmente tornare i Vietnam dopo un lungo esilio, posto qui un'intervista tratta da una rivista cattolica.


Citazione:
Molti lo chiamano Thây, "maestro". Anche in Europa, infatti, questo piccolo monaco buddista è considerato una guida spirituale. Che da 40 anni predica la pace e il dialogo.

«Potrei morire ora, perché ho fatto ciò che volevo». Thich Nhat Hanh, 79 anni, pronuncia queste parole in un soffio. E poi si apre nel più disarmante dei sorrisi. Gli occhi neri, vivacissimi sotto la testa rasata, e i movimenti lenti di chi è in perenne stato contemplativo, confermano: non c'è niente di più vero per questo monaco buddista che da mezzo secolo si batte contro la guerra, al di là delle ideologie e nel nome della compassione. Thây (che sta per maestro) è infatti appena rientrato dal Vietnam dopo 39 anni di esilio: alla fine del 2004 il governo ha sospeso il bando, concedendogli un visto di tre mesi. Così quest'uomo dal fisico minuto, ma dal coraggio straordinario, è tornato a casa. A insegnare.

E la lezione è quella di sempre: «L'unica medicina che può guarire la rabbia, la violenza, è la compassione. Come la pioggia che spegne il fuoco...». Nel Vietnam devastato dalla guerra, i "Piccoli corpi di pace" creati da Thich Nhat Hanh soccorrevano le vittime di entrambi i fronti: era il 1964, quando alcuni dei suoi monaci caddero vittime dei bombardamenti. Allora Thây pensò che quella tragedia dovesse finire e volò a New York.
Qui incontrò il sottosegretario alla Difesa Robert McNamara, che alla fine si disse «molto turbato» (si dimise poche settimane dopo). Ma incontrò anche Martin Luther King che, nel '67, lo candidò al Nobel per la pace.

Intanto, però, in Vietnam si continuava a morire. Il monaco creò allora una Delegazione buddista per la pace e la guidò ai negoziati di Parigi fino agli accordi del '73; e, dopo la caduta di Saigon (1975), si impegnò a favore delle vittime dei nuovi padroni comunisti. Costoro non gradirono; e quindi fu l'esilio e i suoi libri furono vietati in patria.

Nei pressi di Bordeaux, in Francia, nasce così il centro di "Plum Village", dove Thây prosegue il suo impegno che in realtà non conosce confini.

Dopo l'11 settembre, agli americani che gremivano la Riverside Church di Manhattan, rivolgerà il suo invito a non cedere alla rabbia: «Quando stiamo male, non facciamo niente, non diciamo niente; dovremmo tornare a casa nostra e praticare il respiro consapevole e la meditazione camminata, in modo da comprendere le vere radici della nostra sofferenza e della sofferenza del mondo. La compassione può nascere solo dall'averle comprese. L'America può essere una nazione davvero grande, se sa agire con compassione, invece che con l'intento di punire.
Può offrire la pace, può offrire il sollievo della trasformazione e della guarigione. Tutti noi lo possiamo fare».

Thich Nhat Hanh è uno dei maggiori maestri buddisti del nostro tempo. In Italia viene ogni due anni. L'ultima occasione è stata il ritiro dal titolo "Non c'è una via per la pace, la pace è la via", che ha avuto luogo a Castelfusano (Roma), dal 22 al 27 aprile 2005.

Nel pomeriggio del 28 Thây ha guidato una meditazione-camminata dal Colosseo, attraverso i Fori imperiali, al Campidoglio; e, in serata, ha tenuto una conferenza all'Auditorium Parco della Musica.

A margine di questi eventi, lo abbiamo intervistato.

- Sia Wojtyla che Ratzinger hanno definito il buddismo "la religione del nulla", con la quale «il dialogo risulta molto difficile». Qual è la sua opinione in proposito?

«Penso che il dialogo fra due diverse tradizioni debba avvenire nel contesto della pratica, e non basarsi su idee astratte come il "vuoto". Deve affrontare questioni come la povertà, la violenza, l'aborto, gli abusi sessuali da parte dei preti, o la liberazione. Questioni universali che stanno nel cuore della gente. Questioni con
cui sia il cattolicesimo che il buddismo hanno dovuto confrontarsi. Dunque, il dialogo è sempre possibile quando riguarda il "come". Dire che il buddismo è "la religione del nulla", significa che chi parla non capisce che cosa sia il "nulla". Il nulla non vuol dire "non esistere", ma "non avere entità separate". Significa che "siamo interdipendenti", o meglio "inter-siamo"».

- Come affrontare il problema degli abusi sessuali da parte dei religiosi, di ogni credo religioso, nei confronti di minori?

«Il punto non è quello di essere o meno tolleranti, di punire o non punire, ma di come aiutare. Abbiamo bisogno di saggezza, comprensione e compassione. Dobbiamo avere soprattutto molta compassione nei loro confronti, perché anche loro hanno sofferto. A questo proposito, il dialogo può essere davvero la carta
vincente. Perché ogni tradizione ha una sua modalità di affrontare i problemi. Anche nella tradizione buddista, i monaci osservano il celibato.

«Ogni tanto c'è una violazione, ma il problema può diventare estremamente grave. Lo abbiamo visto negli Stati Uniti e in Gran Bretagna. Compete alla Chiesa, ai leader spirituali, l'analisi della situazione e la ricerca del perché. Nel buddismo, come prima causa di un male, viene indicata la sofferenza. La seconda Nobile Verità consiste nell'individuare le radici del problema. Dopo averle individuate, queste vanno recise. Così il male viene meno.

«La quarta Nobile Verità sta nel percorso, cioè nel modo in cui è opportuno estirpare le radici. Nella nostra tradizione, c'è un insegnamento che forse può aiutare anche i preti cattolici a vivere bene il loro celibato: i monaci buddisti non mangiano carne e non bevono alcolici. Poi non girano mai da soli, ma sempre assieme ad altri loro confratelli e, quindi, il sangha (la comunità) li protegge».

- Cos'è la "liberazione" per i cattolici e per i buddisti?

«I cristiani sono sempre stati molto impegnati sul fronte dell'ingiustizia sociale. Ma la liberazione non è solo da situazioni di povertà, oppressione. È innanzitutto liberazione dalle proprie paure, dalle discriminazioni, dall'ignoranza, dalle percezioni sbagliate.
Soltanto una persona libera può essere una persona felice. Il suo livello di felicità dipende dal livello di libertà che ha nel cuore. Quindi non è tanto una questione di lottare "per" qualcosa, ma di liberarsi "dentro"».

- Lei ha detto: «Il Regno di Dio è disponibile 24 ore al giorno. È ora o mai più». Può spiegarci meglio?

«Che la Terra Pura di Buddha (il Regno di Dio) non sia qui, ma altrove, che sia un luogo al quale si possa accedere soltanto dopo la morte, è qualcosa di difficile da credere e da accettare per molte persone, cattoliche come buddiste. Me compreso. Così cerchiamo di penetrare gli insegnamenti dei nostri antenati. Essi
sostenevano che la Terra Pura di Buddha non è là fuori, ma nel proprio cuore. Anche il Vangelo dice questo: uno è davvero libero, se ha abbastanza amore, comprensione e compassione. Allora sarà in grado di vivere il Regno di Dio qui e ora.

«Dovremmo rileggere la storia di quel contadino che scopre un tesoro in un campo; e quindi va a casa e vende tutto quello che ha per comprare quel pezzo di terra. Lo stesso vale per il Regno di Dio: quelli che saranno capaci di vederlo, di toccarlo nel qui e ora, potranno fare a meno dei soldi, del successo, del sesso, perché saranno già abbastanza felici. Nel buddismo, cerchiamo di trasmettere il medesimo insegnamento: che la vita è piena di meraviglie. Se uno non è attaccato al passato o preoccupato di correre verso il futuro, ma se ha la capacità di rimanere in contatto con il cielo, le montagne, gli uccelli, i fiumi (tutte cose che appartengono al Regno di Dio), allora sa come nutrirsi, come godere di tutto ciò. E dunque è già nel Regno di Dio».

- Se lei potesse incontrare Benedetto XVI, che cosa gli direbbe?

«Se i giovani oggi stanno lasciando la Chiesa in massa, è perché l'insegnamento e la pratica non rispondono più ai loro bisogni. Non hanno la sensazione di essere capiti. Stanno soffrendo, e i loro problemi non vengono affrontati. Non ricevono l'amore e la comprensione, di cui sentono la necessità. E quindi molti altri ragazzi e ragazze ancora se ne andranno, se non ci sarà da parte della Chiesa alcuno sforzo. Papa Ratzinger dovrebbe essere consapevole di questo: il cristianesimo ha bisogno di un rinnovamento molto radicale. La stessa urgenza si avverte nel buddismo. I nostri leader devono parlare il linguaggio delle nuove generazioni. E devono proporre loro un genere di pratiche che li aiutino a trasformare le proprie sofferenze. Perché fra i giovani e giovanissimi c'è molta disperazione».

- L'America sembra aver dimenticato la lezione di Martin Luther King, che lei ha conosciuto bene. È davvero così?

«No, non è così. Certo, nella gente c'è molta paura e molta rabbia; e i politici stanno strumentalizzando queste emozioni negative, per poter condurre una leadership violenta e disumana. Tuttavia, la comprensione e la compassione sono potenzialmente presenti, sotto forma di piccoli semi, in ogni singolo individuo; servono però dei capi spirituali capaci di farli germogliare. Solo così si potrà ricreare l'energia collettiva della compassione che potrà controbilanciare quella dell'odio e della paura.
Negli Stati Uniti vi sono dei bodhisattva (cioè degli uomini e delle donne compassionevoli che fanno tutto quello che possono per proteggere l'umanità). Ma, fino a oggi, non sono stati in grado di dimostrare al popolo americano che esiste un'altra via, decisamente migliore: quella della compassione e del dialogo».

- Dopo la rielezione di George Bush, lei disse: «Nothing is lost» (Niente è perduto). Che cosa intendeva dire esattamente? È ancora di questa opinione?

«Il 49% che ha votato per Kerry vive ancora in America. Costoro devono restare uniti. Devono usare la loro comprensione e compassione per sostenere i leader che scelgono la strada della nonviolenza. Non devono mollare nemmeno per un attimo la pressione su Bush. Perché quando uno è presidente, lo è di un intero Paese, non soltanto del 51% che lo ha eletto. Quindi, quel 49% può essere decisivo. A volte un governo di destra realizza il programma della sinistra. Per questa ragione mi sento di ripetere: niente è perduto. Se uno si scoraggia, poi resta paralizzato dalla paura e allora sì che perde davvero tutto. Mentre restare in allerta, calmi, conservando la propria energia e determinazione, significa che la partita è ancora aperta».

- Ha un sogno, qualcosa che vorrebbe realizzare prima di morire?

«Il poter fare ogni giorno ciò che uno desidera davvero fare è di per sé una grande felicità. Essere compassionevole, insegnare qualcosa che possa in concreto aiutare la gente: è sempre stato questo il mio sogno. Ed è un sogno che si avvera in ogni momento. Non ho alcun rimpianto. Potrei morire ora, perché ho fatto ciò che volevo».

Intervista di Alessandra Garusi a Thich Nhat Hanh, da www.jesus.it
http://www.sanpaolo.org/jesus/0507je/0507je56.htm

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